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Lettere 2.0: “Nella giornata del cancro al seno, vorrei che la mia storia possa servire a qualcuno”

Ieri, nella giornata internazionale del cancro al seno, abbiamo ricevuto le toccanti parole della nostra lettrice, alla quale va il nostro sincero abbraccio ed un grande augurio per una pronta guarigione:

Nella giornata internazionale del cancro al seno, di cui si sente tanto parlare in Tv e sui giornali, vorrei contribuire, nel mio piccolo e per i miei 4 lettori, a sensibilizzare le mie amiche social su un’altra tipologia di cancro forse meno conosciuto, spesso geneticamente correlato – come nel mio caso – al cancro al seno, ma molto più raro rispetto a quest’ultimo e con un tasso di mortalità pari addirittura al DOPPIO, ossia il cancro ovarico.

Secondo una stima dell’Airc, l’Associazione Italiana per la ricerca sul cancro, nel 2022 sono stati circa 5.200 i nuovi casi di tumore ovarico stimati in Italia, contro i 55.700 casi di tumore della mammella.

Tuttavia, a fronte di un’incidenza statisticamente più bassa, il tasso di sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi del tumore ovarico è pari al 43% contro l’88% relativo alle donne colpite da cancro al seno.

Il tumore ovarico rappresenta la principale causa di morte per tumore ginecologico e la quinta per tumore nella popolazione di sesso femminile, nei paesi sviluppati (fonte: Istituto Oncologico Europeo).

Questo in quanto il cancro ovarico è una malattia estremamente SUBDOLA, silenziosa e insidiosa.

Innanzitutto perché si manifesta all’esordio, il più delle volte, in maniera del tutto asintomatica o comunque con sintomi estremamente vaghi, generici e non immediatamente identificabili, come fitte addominali, gonfiore addominale persistente, bisogno frequente di urinare, sensazione di sazietà anche a stomaco vuoto, perdite ematiche vaginali, mutamenti delle abitudini intestinali, che ritardano la diagnosi.

In secondo luogo, perché il cancro ovarico sfugge spesso agli esami diagnostici, ai marcatori tumorali e alle analisi del sangue: nel mio caso, ad esempio, circa tre anni fa, in piena e ancora inconsapevole malattia, le mie analisi del sangue risultavano perfette, i marcatori tumorali nella norma, pap test e papilloma test negativi. Solo l’esame istologico di quelle che inizialmente erano state scambiate e operate per mere cisti ovariche, riscontrate a seguito di un’ecografia ginecologica eseguita per puro caso, ha rivelato che si trattava invece di cancro ovarico di alto grado altamente sieroso, al II stadio.

Questo in quanto, originando il cancro ovarico spesso dalle tube, è molto difficile riuscire a identificare una piccolissima trasformazione neo plastica che avvenga a questo ‘micro’ livello.

Per tutti questi motivi, solo il 20% dei tumori ovarici viene diagnosticato in fase precoce, quando è ancora confinato all’ovaio ed ecco perché, anche quando i sintomi agiscono come campanello d’allarme, il tumore è già di sovente a uno stadio avanzato.

Cosa si può fare allora a livello di prevenzione, davanti a questo mostro strisciante e silente?

Una diagnosi tempestiva può migliorare significativamente la prognosi e le chances di vita.

Se si manifestano i sintomi, è consigliabile sottoporsi a:
– Visita ginecologica;
– Ecografia trans-vaginale;
– valutazione dei marcatori tumorali;
– Tac e Pet Total body

A PRESCINDERE dall’insorgenza di eventuali sintomi tuttavia, consiglio a tutte le mie giovani amiche di eseguire in via preventiva, almeno una volta l’anno, l’ecografia ginecologica, cosa che io non avevo fatto per diversi anni, posto che, fino alla scoperta fortuita e accidentale della malattia, avevo sempre goduto di ‘ottima’ salute e mi ero cullata del fatto che avessi contratto al massimo una febbre ogni 5 anni.

Il cancro, ho imparato a mie spese, è estremamente democratico e colpisce a qualsiasi età e in qualunque condizione: io sono sempre stata una molto sportiva, quasi zero vizi, seguita per anni dal nutrizionista, e nonostante il tumore ovarico affligga con maggiore frequenza donne nella fascia d’età compresa tra i 50 e i 65 anni, a me è stato diagnosticato a soli 37 anni.

Questo non per fare terrorismo informativo, ma, al contrario, per stimolarvi e spronarvi a fare controlli sistematici sin da giovane età e a non rimandarli per quella ‘improrogabile’ riunione di lavoro o quell’impegno dall’estetista (cui invece non manchiamo mai di essere puntualissime), perché la superficialità, a volte, può costare cara.

Essenziale, infine, per la mia personale esperienza, eseguire sin da subito le indagini genetiche, una volta appurata l’esistenza della malattia: così facendo, non solo aumenterete sensibilmente le vostre chances di cura e sopravvivenza futura, ma anche quelle dei vostri familiari cui potrete addirittura, forse, salvare la vita.

Se quello che sto passando io oggi, attaccata a una flebo d’ospedale per rincorrere qualche attimo di vita in più, può servire anche solo a fare capire l’importanza di un controllo diagnostico preventivo e contribuire addirittura a salvare un’altra vita, allora nessuna goccia di dolore sarà stata sprecata invano.”

Eleonora Caira