Riceviamo lo sfogo di uno dei tanti pazienti in Dialisi:
“Nel 2001 ho contratto una patologia nefrologica per la quale è stato necessario ricorrere, in tempi brevi, alla dialisi.
Tutte le figure sanitarie impiegate in questa pratica si sono rivelate ineccepibili.
A distanza di 14 anni dal trapianto, purtroppo, sono ripiombato nel baratto, dovendo nuovamente ricorrere alla dialisi in quanto il rene non è più funzionante.
Ribadendo il mio più sentito ringraziamento al personale medico che si è sempre distinto per gentilezza e disponibilità, sono qui a pormi delle domande relativamente alla gestione, pressoché assurda, di questa terapia salvavita che, in quanto tale, dovrebbe essere somministrata con una ratio assolutamente diversa.
Non è normale, per una persona malata, di per sé provata, doversi recare per effettuare una dialisi a San Giovanni in Fiore, esattamente ad un’ora di distanza dalla propria abitazione, utilizzando, oltretutto, l’ausilio di un’associazione che si occupa del trasporto a pagamento.
Un disagio estremo per molte persone malate, considerato che il reparto di dialisi dell’ospedale di Rogliano è stato chiuso e spostato a Cosenza in P.zza Amendola dove si effettuano tre turni giornalieri, in una struttura datata… dove l’ultimo turno si conclude alle 22.00 con conseguenti problematiche per molti pazienti che devono fare rientro a casa a distanza di diversi km (Bocca di Piazza, Parenti, ecc ).
Quanto suddetto mi fa riflettere sul fatto che una società incapace di trovare soluzioni per rendere la vita dei più deboli quanto meno accettabile… non è degna di essere definita civile, piuttosto, si tratta di una società debitamente fallimentare.
Perché non è possibile curarsi vicino casa nonostante l’esistenza delle strutture?
Perché bisogna sanare la voragine del debito sanitario, economizzando sulle assunzioni del personale medico a discapito dei malati?”
Lettera firmata