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Lettere 2.0: “Da un ospedale all’altro si passa da brutto anatroccolo a cigno meraviglioso”

Riceviamo la testimonianza del nostro lettore Andrea:

 

 

“Calabria – Sanità a metà e un’altra vita che se ne va.

Questa è la storia di mia suocera, una calabrese vera, tenace e altruista, che lascia i suoi cari a 70 anni, tra lo sgomento e il dispiacere di chi l’ha amata e conosciuta.

Malata di Alzheimer da 3 anni, viene portata la mattina del 2 agosto all’ospedale di Soverato per una sospetta polmonite e nonostante la malattia, è sveglia e cosciente.

Dopo aver trascorso l’Intera giornata in pronto soccorso, solo nel tardi pomeriggio qualcuno si accorge della sua presenza.

Ricoverata, ogni giorno ci recavamo presso il nosocomio soveratese per avere notizie, ma le stesse erano scarse e contrastanti e più volte gli “addetti ai lavori” facevano fatica ad identificare la paziente in questione.

Si tralascia di sottolineare la mancanza di sensibilità da parte di alcuni operatori e medici, sulla competenza e professionalità non ho titoli e conoscenze per parlare ma purtroppo parlano i fatti e la storia.

Dopo circa 4 giorni, come per magia, ci si accorge che le condizioni di salute di mia suocera sono precipitate e si dispone il trasferimento presso l’ospedale Germaneto di Catanzaro.

E a Germaneto la storia cambia e la Calabria, da brutto anatroccolo diventa cigno, invidiato anche all’estero perché nel Policlinico universitario (le vere sinergie che funzionano) sembra di essere in altre latitudini.

Ciò che in altre zone d’Italia è normale, in Calabria purtroppo diventa straordinario, luogo ideale e da emulare dove si tutela realmente il diritto alla salute di tutti i cittadini, senza alcuna distinzione anagrafica, di condizioni, donne e uomini di grande sensibilità e umanità, come disse un medico “noi non abbandoniamo nessuno, mio papà ha la stessa età di sua mamma”.

Hanno messo in campo tutte le attenzioni possibili, vagliando le condizioni reali nei minimi particolari e disponendo le cure necessarie.

Una struttura all’avanguardia e innovativa, dove i medici contattano i familiari per aggiornarli sulle reali condizioni di salute del paziente, che chiedono informazioni, che spiegano nei minimi dettagli le cure quotidiane, che fanno sentire la loro vicinanza umana, che ringraziano i familiari e quasi rifiutano imbarazzati i loro ringraziamenti.

È questa la sanità che dovrebbe esistere in ogni luogo, dalle città ai paesi più sperduti della Calabria, quella sanità che garantisce i calabresi e da sicurezza a chi decide di trascorrere in questa nostra bellissima terra le proprie vacanze.

Una sanità pubblica che ritorni ad essere di competenza esclusivamente statale (uguale da Nord a Sud) e che non pensi prioritariamente ai bilanci e ai profitti (dei privati) ma sappia creare una rete territoriale efficiente, che sia in grado di far tornare i suoi migliori medici sparsi per il mondo, che spinga per eliminare il numero chiuso alle università (se i medici scarseggiano mi sembra normale aprire e dare la possibilità a tanti di laurearsi e specializzarsi), che retribuisca i migliori e non i raccomandati con gli stessi stipendi dei parlamentari per incentivarli a lavorare solo e soltanto nel pubblico.

Questa testimonianza, dolorosa per tutti noi, se da un lato vuole ricordare ancora una volta una sanità calabrese “malata e mancata” frutto di scelte politiche decennali sbagliate, clientelari e arriviste, dall’altro vuole ricordare che anche in Calabria, esistono strutture sanitarie, poche ahinoi, solide ed efficienti.

Un messaggio di speranza per i nostri figli, nonostante tutto, per dire anzitutto a noi stessi e poi a chi ci rappresenta (frutto delle nostre scelte) che anche in Calabria si può fare e bene.

Fare e partire anzitutto e necessariamente da una sanità normale, perché senza un riconoscimento concreto del diritto alla salute, tutto il resto non ha e non avrà alcun senso. Mai!”
Andrea Falbo