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I mille volti dell’attore cosentino Pietro Delle Piane (Intervista)

Il nostro Matteo ha incontrato Pietro Delle Piane per noi:

 

 

Pietro Delle Piane, attore cosentino e classe 1974, sbarca il lunario trasferendosi a Roma, dove inizierà la sua carriera di attore e doppiatore . Una vita trascorsa tra i laboratori teatrali e la scuola di recitazione e dizione, prima  nella città dei Bruzi, successivamente approda presso la scuola di recitazione diretta da Fioretta Mari, con cui debutterà in alcuni spettacoli , ad esempio “Fateci un applauso” di Fioretta Mari, e anche in “F.F. Femmine Fortissime”, in concorso anche al Festival delle Serre di Cerisano.

Un artista poliedrico e creativo , amante del motocross, che ha fatto della sua passione un lavoro e del suo lavoro una missione al servizio del suo pubblico, con cui si confronta spesso e ne trae ispirazione per i suoi prossimi lavori., nonché si evince il suo essere osservatore delle passioni, delle ambiguità umane e soprattutto del talento. Ora entriamo nel mondo delle storie, ma il punto centrale è quello di assistere alle evoluzioni degli artisti, al loro modo di fare arte, di cominciare e raccontare una storia, scoprendo ciò che li riguarda personalmente.

 

Andiamo a conoscere Pietro da vicino ed esploriamo i tratti del suo Ego.

 

Come nasce l’idea, la passione e la voglia di metterti in scena?

Studiavo al Liceo Classico B. Telesio di Cosenza ed in quel periodo mi proposero di far parte di una compagnia di teatro, in quell’occasione appresi le prime tecniche di dizione….ritengo che la voce sia un strumento fondamentale per comunicare. Ho iniziato con una compagnia teatrale a fare lezioni di recitazione e di dizione, in seguito mi chiesero di fare uno spettacolo teatrale, ed avevo solo 16 anni. Accettai ed iniziai quest’esperienza di teatro, da quel momento in poi capii che questo lavoro mi appartenesse.

Ero amante del cinema, ero innamorato anche di alcuni film, una passione che si consolidò con la conoscenza di un agente , lui si chiamava Peppino Perrone , che mi prese in agenzia e mi fece fare i primi ruoli in alcuni film, galeotto fu per me quell’incontro…..iniziò la mia carriera di attore.

 

Hai avuto moltissime parti, una su tutte in “Rapiscimi” nel 2017, che vedremo nelle sale nel 2019. Cosa ti è piaciuto di Michele, il ruolo che hai interpretato?

Sì, mi sento fortunato ad aver interpretato molti ruoli, ho recitato anche in arabo. In “Rapiscimi” sono uno dei protagonisti del film ed interpreto Michele ,che è totalmente diverso da me. Intanto ho dovuto prendere  10 kg per interpretare Michele ( Michele ha una dipendenza dal sesso, sta sempre al telefono a fare la chat erotiche, ha amanti di  tutte le età, dalle signore separate a quelle sposate ma fedifraghe) .E’ un personaggio comico, quasi grottesco , di conseguenza interpretarlo è stata un’impresa ardua, anche perché un insegnante di tango argentino in sovrappeso non è il massimo.Un film non semplice, abbiamo girato in un bosco , dove anche le condizioni climatiche non erano di aiuto, un film che ho fatto con molta soddisfazione.

 

 

Raccontaci un po’ del tuo percorso artistico, di un calabrese che deve fare i conti con la dizione. E del tuo incontro con Fioretta Mari?

Certo, ad un certo punto quando sono a Roma entra nella mia vita Fioretta Mari,  insegnante e attrice. Ho fatto la scuola di dizione  con Fioretta Mari, lei si accorse subito di me, anzi l’episodio “clou” fu quando mi venne chiesto di interpretare un animale, ed io scelsi di fare il  cavallo, ragione per cui  Fioretta si innamorò di me artisticamente parlando . Con lei feci molti spettacoli teatrali, altre  volte chiamai Fioretta in alcuni spettacoli organizzati da me. Ora non la vedo da tempo,ed artisticamente dico: “Chapeau”ma come persona nel tempo si è rivelata poco autentica, dunque quando cresci hai bisogno di avere accanto persone che ti fanno stare bene.Ho lavorato con grandi come Gerard Depardieu, Mimmo Calopresti, Tony Sperandeo ma non ho mai avvertito  ambiguità, semplicemente umili e grandi,ovviamente anche Diego Abatantuono, che stimo molto.

 

Dal cinema al teatro, dal teatro al piccolo schermo, una carriera fatta da incontri, collaborazioni importanti. Di quale collaborazione porti un buon ricordo?

Sì, effettivamente parto da questo presupposto: sono tre cose totalmente diverse, credo che non ci sia cosa più facile o difficile, bensì si tratta di voler portare i testi in luoghi più atemporali, dove l’universale va a braccetto con il presente. Al teatro ci si serve di una recitazione teatrale, diversa rispetto a quella cinematografica, dove i tempi cambiano a seconda della regia.In  teatro quando si fa un classico non puoi sbagliare, invece quando si tratta di  una sceneggiatura scritta e rivisitata, in quel caso puoi anche adattare o improvvisare durante la scena. Mentre al  cinema ci sono tempi stretti, tranne se non lavori con registi grandi, i quali ti danno più tempo. Mi spiego: al cinema devi dosare prima le energie, da utilizzare quando arriva il tuo momento per andare in scena.In tv ci sono miniserie e anche film tv entusiasmanti, attualmente sto girando “L’amore strappato” con Sabrina Ferilli ed Enzo De Caro di  Ricki Tognazzi e Simona Izzo, con cui ho lavorato nella pellicola “ Il Papa Buono” , o nella parte di Pietro Marchese nel film di Boris Giuliano. Sono anche amico di Francesco Venditti, il figlio di Simona. Con Ricky e Simona ho un buon rapporto, di amicizia e di stima. Adesso sto scrivendo una sceneggiatura in compagnia dell’amico Francesco Montanari.

 

I tuoi personaggi vivono, si esprimono,sono passionali e sanguigni, quanto c’è di te in loro?

Ride […] In tutti i personaggi a cui do un volto  c è sempre la mia anima, in altri invece non può esserci la mia traccia ( se faccio il bandito non c’è nulla di me, io sono un uomo onesto). Sai cosa voglio dirti però: io sono in continua evoluzione,  sono cambiato rispetto allo scorso anno, ed ogni giorno cerco di migliorarmi, in virtù del fatto che un attore si nutre di racconti e di esperienze, reazioni e comportamenti che i giudizi suscitano. Non ci sono attori bravi solo perché hanno fatto la scuola per attori, la scuola ti dà i mezzi per recitare, ma quello che porti in scena è il tuo background umano.

 

Descriviti con tre aggettivi?

Curioso, onesto e passionale

 

Sei diventato quello che volevi, ma hai pensato di mollare durante il tuo percorso?C’è una persona a cui sei legato in ambito artistico?

Oggi, non essendoci più la realtà di capocomicato, di vita di compagnia, è difficile che uno continui un percorso più o meno costante con attori, registi, costumisti e scenografi.Nel mio mestiere quando finisci un lavoro torni ad essere disoccupato, devi sempre dimostrare quanto vali per ottenere un nuovo lavoro, ma questa è la chiave  che mette in moto la macchina  attoriale. E’ un lavoro instabile, il che incentiva a fare meglio, anche se in passato era diverso, cioè si lavorava sempre e comunque. Oggi sei perennemente precario. Certo, ho pensato anche di fare altro, ma poi la passione mi invade il cuore.  Io sono molto legato ad alcuni miei colleghi, uno su tutti  Diego Abatantuono,  con lui ho lavorato anche nel film “Il Giudice Mastrangelo”, poi mi ha diretto  in suo film “Area Paradiso” dove ho interpretato il calabrese, e  come non ricordare Mimmo Calopresti, Francesco Montanari e anche Andrea De Rosa ( l’attore che ha fatto “Notte prima degli esami”),  un saluto va a Tony Sperandeo, poi ci tengo a dire che noi attori quando lavoriamo insieme stiamo sempre a contatto, però alla fine dei lavori sul set si ritorna alla vita di tutti i giorni.

 

Cosa consiglieresti ai ragazzi che sognano la Tv e il cinema?

Non mi sento di dare un consiglio da giudice o altro,  oggi in questo mestiere contano altre cose. Oggi esiste la fama da personaggio dell’anno, basta poco per fare carriera e successo. Non ci sono più regole, nel senso che se esci dall’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico non è garanzia di un lavoro sicuro. Sono un po’ preoccupato e anche deluso per effetto della poca professionalità in tutti i settori. Intanto devi avere le idee chiare su quello che devi fare, e i sogni non bastano. Andare all’anteprima del film è un lavoro per quanto mi riguarda, in quanto devo essere ben predisposto a vendere il mio prodotto, mentre quando faccio l’attore mi diverto, il set per me è una sorta di vacanza.

 

Quanto conta la bellezza in questo mestiere?

In Italia conta molto, cosa diversa  in America, in effetti all’estero i canoni sono ben altri. Per i ruoli comici non mi hanno mai preso in considerazione,  in preda agli stereotipi che ci stanno in giro. Va sfatato il mito della bellezza a tutti i costi, del principe biondo con gli occhi azzurri che vince su tutti, a dispetto di chi potrebbe avere più chance se ci fosse una mentalità capace di andare oltre le apparenze. Mi batterò sempre su questa cosa, ed in America la mia idea è condivisa ed è oggetto di studio sulle traiettorie di sguardi e dell’immagine del bello. Per me conta il fascino , la bellezza è un fatto soggettivo, e credo che anche lo sguardo sia un ottimo biglietto da visita, in grado di rappresentare la bellezza, quella vera.

 

Hai progetti artistici in cantiere?

Sto lavorando nella sceneggiatura “Il pilota” con Francesco Montanari.

 

Lasciaci con una frase o un messaggio che pensi ti rappresenti? Qualche ringraziamento?

Intanto ringrazio te per questa intervista, non devo ringraziare nessuno, anzi ringrazio Pietro, me stesso. Ti lascio con una frase usata nel mio cortometraggio diretto e interpretato da me con Annamaria Malipiero, la voce di mio padre è di Mimmo Calopresti e le musiche sono di Carmelo Zappulla, tra l’altro ho anche vinto un premio per questo corto, dal nome “Premio ITFF 2018”, e la frase è: ”Ogni minuto che passi arrabbiato, perdi sessanta secondi di felicità”.

 

A cura di Matteo Spagnuolo