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Annunziata – “«La prego Dottore, papà mi serve», ma mi hanno fatto uscire per PRIVACY.”

Riceviamo la testimonianza di un nostro lettore:

 

 

“Salve, vorrei raccontare la mia brutta esperienza al Pronto Soccorso di Cosenza.

Mio figlio un ragazzo di 19 anni, non è stato molto bene e dopo due giorni di forti dolori dovuti a dei problemi gastrointestinali, abbiamo deciso di accompagnarlo in ospedale.

Arrivati alle 19.30 circa, dopo aver segnalato i vari sintomi, ci hanno invitato a sederci e attendere la chiamata. Alle 21.00 circa, dopo varie insistenze, finalmente inizia il triage.

Mio figlio è stato fatto accomodare, in compagnia della mamma, in un’altra sala su delle panche in legno. Alle 24.00 ho dato il cambio alla mamma e sono rimasto io con lui.

Finalmente alle 03.00 viene visitato, mio figlio ha richiesto la mia presenza durante il prelievo e la visita forse per avere un po’ di coraggio, dopo un piccolo battibecco con il medico che si rifiutava di intervenire fino a che in non fossi uscito dalla stanza, nonostante mio figlio gli implorasse la mia presenza e diceva al dottore: “No dottore papà mi serve per stare tranquillo”, niente da fare per “privacy” dovevo uscire.

Privacy con mio figlio? Ho deciso di uscire ma solo per far sì che intervenisse, dopo circa un’ora gli viene diagnosticato gastroenterite acuta e viene trattato con antibiotici.

Nel frattempo, parcheggiato su una barella in un corridoio, dove per tutta la notte gli sono passati vicino tanti altri pazienti tra cui un politraumatizzato a seguito di un incidente stradale, che vi assicuro, nonostante i molti anni di volontariato che ho fatto mi ha veramente toccato vederlo, ma la cosa più ridicola è che un altro paziente è stato mandato in giro per l’ospedale con la cartella clinica di mio figlio.

Alla faccia della PRIVACY, come lui stesso predicava, avrei voluto raccontare tanto altro di quello che ho visto sentito in una nottata in pronto soccorso ma mi fermo, faccio solo un appello al Presidente Occhiuto affinché tutti i cittadini si rechino in ospedale per avere un’accoglienza diversa.”

(Lettera firmata)