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A Cosenza l’insegna del circolo Arci Red strappata via

Riceviamo la seguente segnalazione:

 

 

«Abbiamo aspettato qualche ora prima di esprimere pubblicamente le nostre emozioni. Abbiamo preso tempo e ragionato dopo la scoperta di ieri mattina, ma a distanza di ore la rabbia non sbollisce e la delusione aumenta.

Arci RED è impegnata nel centro storico di Cosenza da tre anni. Insieme agli scopi più squisitamente sociali che abbiamo sempre avuto ben chiari sin dall’inizio della nostra avventura, abbiamo cercato di portare avanti anche un progetto culturale e tentato di promuovere momenti di condivisione, convivialità, cultura.

Siamo impegnate nella tutela di persone vulnerabili alle quali offriamo il nostro supporto mediante le attività di sportello gratuito. Abbiamo messo in piedi una scuola di italiano per stranierƏ animata dal lavoro di volontarie e volontari che rendono questa esperienza speciale giorno dopo giorno. La nostra porta è stata sempre aperta per chiunque. Non abbiamo mai ricevuto un euro da fondi pubblici, andiamo avanti solo grazie alla generosità dei soci e delle socie che ci regalano il loro tempo, che non ha prezzo. Evidentemente siamo bravƏ, ma questo nostro mondo così vivace e così animato a qualcunƏ dà fastidio.

Da quando sono iniziati i lavori di ristrutturazione della Casa delle Culture (che non hanno nulla a che are con Arci RED, ospitata gratuitamente e generosamente da Rifondazione Comunista) abbiamo tentato di interfacciarci con l’Ente locale perché sapevamo che i lavori, benvenuti e, anzi, attesi da tempo per restituire quel luogo così prezioso ad ogni cosentinƏ, avrebbero comunque danneggiato la nostra attività. Ma non c’è stato nulla da fare, non si è trovata una soluzione. Non c’era l’interesse, è evidente, ma abbiamo deciso di andare avanti lo stesso con le attività, perché la richiesta c’era e c’è, anche se i nostri “clienti” non sono paganti. Non tutte le cose importanti passano attraverso lo scambio di denaro. Abbiamo sentito paroloni come “cantieri evento”, “rigenerazione urbana”, “le persone arriveranno a Cosenza da tutta Italia per vedere i lavori di ripristino dello splendore del centro storico”. Mancherebbero sei mesi al termine dei lavori e il degrado invece di diminuire, avanza.

A causa, dunque, delle impalcature installate su tutta la piazzetta, l’ingresso della sede dell’Associazione (prima distinguibile da una panchina rosa, questa sì, utilizzabile da chi salendo a piedi avrebbe voluto riprendere fiato, e da un tocco di verde, in attesa di veder fiorire i famosi “giardini urbani”) era completamente nascosto e poco accessibile.

Avevamo deciso, in collaborazione con il Direttore dei Lavori e con la ditta (persone eccezionalmente competenti e gentili) di apporre il nostro banner, compagno di tanti cortei e manifestazioni, regalatoci dal CSV di Cosenza, sulle grate a chiusura della piazza (foto).

Peccato che la nostra visibilità sia durata meno di 12 ore. Già all’apertura del cantiere, alle prime luci del mattino dopo l’installazione, la nostra insegna era scomparsa.

Quello che tecnicamente è un furto a noi appare come un ben più drammatico atto intimidatorio che ci porta, ancora una volta, a ragionare sul livello di sicurezza che respiriamo ogni volta che mettiamo piede nel posto che per noi è progetto condiviso, che per noi è casa.

Non possiamo ignorare che siamo nate come un’associazione “di fimmine” (trad. di donne) come ci è stato sussurrato spesso e che aiutiamo le persone straniere più di quanto non facciamo con la gente di qua – sempre a rimarcare una distanza tra “noi” e “loro”, come tra giusto e sbagliato… Non possiamo non notare che il particolare evento si inserisce molto bene nel generale clima che ormai dilaga a livello nazionale. Si tratta di uno sfregio a sfondo razzista, omofobo, misogino? Non lo sappiamo.

Abbiamo sporto regolare denuncia e ringraziamo le forze dell’ordine per non aver sottovalutato l’evento ed essere intervenute immediatamente. Ma la paura non può essere così stringente e così quotidiana. Siamo profondamente convinte che un quartiere più sicuro non dipenda da più controlli, o da una telecamera. Ciò che cambierebbe tutto sarebbe, piuttosto, la volontà delle cittadine e dei cittadini di riprendersi il quartiere più bello e più maltrattato della città, di essere presenti, di viverlo, di abitarci o di venire a lavorarci, di portare bambini e bambine, di venire a fare una passeggiata, di pretendere che esso sia pulito, illuminato, che ritorni ad essere nostro, non diviso in due, una parte per i poveracci e una mercificata ad uso turistico.

Il banner sarà ristampato e sarà appeso di nuovo, uguale a prima, più bello di prima, questo è inutile dirlo, ormai ci siamo fattƏ conoscere. Ma non reggeremo a lungo se Cosenza ci lascerà solƏ».”