Riceviamo il triste sfogo di una nostra lettrice:
“Ciao a tutti, vi volevo raccontare una storia.
Una donna di 91 anni è appena morta. Certo, chiunque direbbe che è morta gente più giovane, che è vissuta già tanti anni.
Ma questa donna, invalida, ha passato una vita tra case di cura, di riposo, RSA e quando ci sono stati dei problemi di salute è riuscita sempre ad uscirne fuori. Venerdì 28 gennaio 2022 alle ore 06:40 è deceduta.
La dottoressa del pronto soccorso mi ha contattato alle 06:55.
Si dal pronto soccorso, perché mia zia era lì da 65 ore.
Intorno alle 12:00 di martedì 25 gennaio è stata portata in ambulanza all’ospedale Annunziata di Cosenza.
Dalla RSA, noi nipoti siamo stati avvisati che la paziente non era cosciente e non respirava bene.
Dalle prime indagini, dopo il passaggio nel tendone per escludere il COVID, dopo la mia lunga attesa fuori dall’ospedale e le varie richieste di informazioni riguardo al suo stato, la dottoressa di turno mi dice che versa in gravi condizioni: ha un trauma cranico. «Ma la signora da quanto tempo è così?», mi viene chiesto, ovviamente le rispondo che in tarda mattinata siamo stati avvisati dal personale della RSA perché mia zia non si era svegliata la mattina per fare colazione e così era stata chiamata l’ambulanza.
Lo sconforto e la tristezza prendono il sopravvento, chissà da quanto tempo mia zia stava male! Si sarebbe potuta salvare intervenendo prima?
Ma non è solo questo, mentre io credevo che la stessero curando e, presto l’avrebbero ricoverata in reparto, le ore passano, mia zia trascorre tre notti in pronto soccorso.
Mia zia è stata lasciata morire in pronto soccorso, perché ormai non c’era niente da fare, l’emorragia non si è fermata, l’insufficienza renale, epatica e respiratoria ma soprattutto la sua età, non ci consentono di operare, non ci sono i presupposti per intervenire, per essere trasferita in reparto. Espressione della dottoressa.
Un posto in neurologia non si trova (o non si vuole trovare), non viene più alimentata e si aspetta che liberi la barella. Perché?
Ve lo dico io: Perché aveva 91 anni, perché non era la zia di un facoltoso politico del cosentino e neanche imparentata con le famiglie appartenenti alla ndrangheta, non aveva neanche un nipote medico dell’ospedale.
Era solo mia zia, una povera donna di 91 anni che non aveva fatto mai del male a nessuno.”
Marietta